The News Italia Press
Milano – Per riflettere su Italicità e Nuova Europa, su Italicità quale via per l’Unione Europea , si è aperto stamane a Milano, presso la Sala Negri da Oleggio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, la prima giornata della conferenza “Cultural diversity in the perspective of an enlarged Europe ” organizzata da Globus et Locus, Università Cattolica del Sacro Cuore e Catholic University of America.
Due giorni per parlare di cultura, cambiamento ed identità in Europa, di cosa la nuova Europa dei 25 porta alla vecchia Europa dei 15, di Europa e sue identità, nell’ottica dell’Italicità. I temi sostanziali del confronto odierno (la seconda parte del seminario dal titolo Europe and its identities: the experience of Italicity, si svolgerà domani) – Cultures, Sense of belonging and identities in Europe, What the New Europe brings to Europe? – hanno messo intorno al tavolo di discussione Piero Bassetti, Presidente Globus et Locus, George F. McLean President, The Center for the Study of Culture and Values, The Catholic University of America, Washington D.C., Bronius Kuzmickas, primo vice Presidente della Lituania, Chairman of Philosophy Department, Law University, Vilnius, Lituania, Alberto Schepisi, Ambasciatore d’Italia in Irlanda, Miklos Tomka, Chair of Institute of Sociology, Tadeusz Buksinski, Chairman of Institute of Philosophy, Come Carpentier de Gourdon, Editor of World Affairs , France, Furio Cerutti, Professore di Filosofia Politica, Università degli Studi di Firenze, Serena Giusti, Research Fellow, ISPI/Università Cattolica Sacro Cuore, Milano, Paolo Janni, Ambasciatore d’Italia, Senior Fellow in European Politics della Catholic University of America , Washington D.C., Mauro Magatti, Professore di Sociologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Maddalena Tirabassi, Ricercatrice della Fondazione Agnelli, Torino.
Il seminario, aperto, – secondo la maniera americana – ha focalizzato l’attenzione su la “Diversità culturale nella prospettiva dell’Europa allargata“, ha fornito spunti di riflessione, si è posto domande ed interrogativi. Ha tracciato vie per “comprendere come la cultura può integrarsi partendo dalla soggettività. La cultura delle nuova Europa dei 25 offre l’occasione per mantenere le differenze nell’identità“, ha dichiarato Bassetti. L’Europa dei 25 costituita il primo maggio scorso, ingloba in sè nuove culture, conscia di aver abbattuto i muri e i confini, e si confronta su un terreno comune che vuole “mantenere le differenze valorizzando l’identità “.
Quale apporto può dare al dialogo, al confronto, l’identità Italica? Per focalizzare l’attenzione sul concetto di Italicità il percorso parte dagli Stati Uniti, dall’ultimo convegno sul tema che si è svolto a Washington – organizzato da Globus et Locus – che ha posto l’accento sull’essenza della cultura italiana e sulla sfida di una età globale. “Dopo aver riflettuto sul concetto di italicità si è giunti ad analizzare il soggetto alla base delle relazioni tra identità italica e le altre identità che ‘formano’, ad esempio, la società americana – sottolinea Bassetti -. Con la nuova realtà della glocalizzazione sorgeranno nuovi spazi interculturali per un dialogo e scambio tra gruppi umani, influenzati non tanto dal territorio, quanto dalle Funzioni. Questi sono gli spazi o ‘loci’ creati intorno alla ricerca, alla cultura, all’economia e agli affari, al lavoro volontario, alla solidarietà trans-nazionale in un contesto universale “.
Funzione, allora, è la nuova parola che sottende una identità territoriale precisa ma diventa elemento di aggregazione di interessi geopolitici, nell’esercizio di interessi primari (mangiare, socializzare, tifare una squadra di calcio). La cosa straordinaria, oggi, è costituita dal fatto che venticinque Paesi “decidono, desiderano stare insieme contro ogni aspettativa ” e offrono una opportunità, alla Nuova Europa, di cogliere la sfida che rappresentano.
Dopo anni di separazioni politico-economico-sociali le barriere tra i Paesi d’Europa sono formalmente cadute e si è dato il via ad un intenso interscambio di persone, istituzioni politiche, nell’ottica di una più salda integrazione economica.la nuova Europa è una comunità di 25 Paesi (presto saranno 27 e dopo molti di più) con circa 450 milioni di abitanti che parlano circa 20 differenti lingue ufficiali. Un puzzle di gruppi etnici, spesso generanti una ‘diaspora’, da una migrazione inevitabile, come nel caso della Polonia, dell’Italia, dell’Irlanda, o motivata da persecuzioni, come nel caso degli ebrei nell’epoca fascista.
Per molti anni Globus et Locus ha studiato il modo in cui la cultura italica potesse rendere protagonisti della comunanza di cultura e sapere non solo gli Italici, ma anche il potenziale umano rappresentato dalle altre popolazioni nel mondo. Parole chiave condivise sono state, allora, nell’ottica dell’integrazione: “identità nella diversità”, “pluralismo delle identità”, ma anche “processo“, “divenire”, “flusso”. L’argomento, messo sul tavolo da Magatti, ha trovato piena accettazione: “Non può sopravvivere un’identità che non si sviluppa, che non procede. Non esiste un’identità europea ‘di fatto’, allora, ‘all’inizio’; ma una pluralità di identità che procedono: in un certo senso è come se si perdesse un pezzo di identità per metterne sopra un’altra“, aggiunge il docente di Sociologia della Cattolica.
Ecco che “la cultura europea consente l’incontro tra culture, si fa terreno per ricevere le culture e condividerle nello spazio comune. Non è questione di individualismo ma di individualità a confronto, in rapporto all’inesistenza di ‘confini’ globa li”, sottolinea McLean.
Il caso della Lituania o della Polonia, esplemplificati da Kuzmickas e Buksinski, sono indicativi in tal senso. “La fase post-comunista ha consentito alla Lituania di procedere in una politica di cambiamento ed espansione – sottolinea Kuzmickas, vice Presidente della Lituania negli anni ’91-92 -. La questione europea è una questione di identità. La sfida che ha consentito di rivelare la nuova Europa è stata anche la possibilità di rivelare quanto l’identità culturale si possa preservare in una situazione di isolamento. La cultura identitaria, territoriale, ha persino influenzato il processo di globalizzazione rendendo forte l’identità “.
Buksinski, dal canto suo, si è chiesto cosa la Polonia porta all’Europa. Una disamina del Paese che ha portano a valutare gli aspetti positivi e negativi di tale processo di avvicinamento: “Sono convinto che il contributo degli altri Paesi comunisti, parte dell’Unione Europea dal primo maggio, può essere esemplificata dal caso Polonia. Condizioni materiali e istituzionali – le politiche agricole sbagliate che, ancora nel 2002, fornivano una cifra relativa al 27 % della popolazione disoccupata, l’impoverimento del Paese seguito alla riforma di un’economia che da centralizzata e statale si è aperta al mercato libero, la precarietà delle infrastrutture, la sottovalutazione del valore delle nuove tecnologie – si sono unite a fattori culturali sostanziali che hanno aperto una dibattito nell’intera Europa“, aggiunge Buksinski.
Ciò è stato causato da molteplici significati e aspetti del fenomeno culturale. Le culture dei nuovi Stati membri dell’Unione ha radici Cristiane. In particolari fasi dello sviluppo storico, ciascuna nazione e ciascuno Stato ha lavorato lontano da un approccio spirituale alla propria esistenza, secondo il giudizio del Direttore dell’Istituto di Filosofia Adam Mickiecwicz di Poznan.
Ma il tema delle radici storiche della cristianità su cui l’Europa si fonderebbe, sono tornate ‘in auge’ dal momento che si è deciso di discutere di politica comune e di Carta Costituzionale, fondamento di legge che fonda il principio giuridico della nuova unità. Questo valore comune è emerso dalla discussione dei docenti ed esperti internazionali. “La nuova Costituzione di cui l’Europa si doterà risponde alla necessità di dare, a questa identità europea, una base politica e giuridica nell’unione“, aggiunge Alberto Schepisi, Ambasciatore d’Italia in Irlanda.
L’identità delle persone, delle nazioni, degli individui, in ogni caso trascende ed eccede la ‘misura’ del territorio, dello Stato. Il neologismo adottato da Bassetti si chiama aura: è l’identità originaria, il legame con il proprio territorio e Paese in un altro ‘locus’. “Non è rinunciare alla propria identità di riferimento che parla italiano, nel caso degli Italici, ma è l’acquisizione di una parte nuova, altrove. Non è il passaporto che riconosce l’identità. Per capire come ci incontreremo – continua il Presidente di Globus et Locus – bisogna lavorare sulle ‘personalità’ delle radici dei popoli perchè emerga la complementarietà dei valori“.
Necessariamente, allora, i nuovi Paesi dell’UE chiedono alla vecchia Europe di essere rispettati, superando l’assoggettamento agli Stati Uniti. Un desiderio di rispetto che nasce dal riconoscimento dei valori italici, come nel caso della Lituania: “Riconosciamo la presenza italica tra i valori arricchenti della nostra esperienza Paese: l’architettura, l’arte. Italicità ricorda latinismo, cristianesimo in una visione romantica dell’Europa, non drammatica “, è il giudizio dell’ex vice Presidente Kuzmickas.
Eppure, è stato fatto notare dal professor Tomka, la matrice europea è violenta: totalitarismi, nazionalismi, guerre e guerre di religione hanno sfaldato le identità dei popoli. Ma l’UE si è posta il problema della propria identià , già nel XVII sec quando ha compreso che il momento chiave della dimensione sociale è proprio quello identitario
Obiettivi della conferenza sono stati, allora, essenzialmente due: in primo luogo mettere a confronto e testare l’importanza universale dell’Italicità per e verso la gente all’est ed in secondo luogo esplorare l’importanza potenziale di questa tesi culturale oltre i confini della nuova età della globalizzazione come primo passo di una politica di reintegrazione dei Paesi d’Europa. Passi importanti.